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Il reato di truffa assicurativa ex art. 642 c.p.: questioni giuridiche e spunti di riflessione.


La disposizione normativa di cui all’art. 642 c.p. sancisce come:


“Chiunque, al fine di conseguire per sé o per altri l’indennizzo di un’assicurazione o comunque un vantaggio derivante da un contratto di assicurazione, distrugge, disperde, deteriora od occulta cose di sua proprietà, falsifica o altera una polizza o la documentazione richiesta per la stipulazione di un contratto di assicurazione è punito con la reclusione da uno a cinque anni.


Alla stessa pena soggiace chi, al fine predetto, cagiona a se stesso una lesione personale, o aggrava le conseguenze della lesione personale prodotta da un infortunio o denuncia un sinistro non accaduto ovvero distrugge, falsifica, altera o precostituisce elementi di prova o documentazione relativi al sinistro”.


Com’è noto, l’art. 642 c.p. risulta essere stato riformulato dall’art. 24 l. 273/2002, che ha profondamente modificato il testo della disposizione originaria.


Sia sotto l’impero del testo normativo abrogato, sia sotto l’impero del testo attualmente vigente, si è correttamente ritenuto come il reato di cui all’art. 642 c.p. abbia natura plurioffensiva.


Attraverso la fattispecie di reato de qua, infatti, si intende tutelare sia gli interessi patrimoniali degli enti assicuratori, sia l’interesse degli assicurati a non esser gravati da aumenti dei premi determinati da comportamenti fraudolenti di terzi (1).


Non vi è dubbio, in ogni caso, che il reato di cui all’art. 642 c.p. si venga a configurare come reato di pericolo, ovvero “a consumazione anticipata”, rispetto al quale appare pacificamente esclusa la configurabilità del tentativo.


Molteplici, invece, si vengono a configurare le forme e le modalità attraverso le quali si può venire ad estrinsecare la condotta del reato in parola.


La prima parte del primo comma dell’art. 642 c.p. viene a riprendere la formulazione originaria della norma in questione, incriminando chiunque:


“distrugge, disperde, deteriora od occulta cose di sua proprietà”.


Ed in proposito, la dottrina correttamente ha evidenziato come:

  • la distruzione implichi il totale disfacimento della cosa

  • la dispersione abbia ad oggetto i soli beni mobili e comporti la loro fuoriuscita tendenzialmente definitiva dalla disponibilità dell’avente diritto

  • il deterioramento consista in una alterazione del bene tale da pregiudicarne il valore o la funzione

  • l’occultamento sia rappresentato da qualsiasi atto e/o comportamento volto a celare la cosa in senso fisico o a renderla irreperibile o irriconoscibile da parte dell’assicuratore (2).


Le ipotesi criminose di falsificazione o di alterazione di una polizza o della documentazione richiesta per la stipulazione di un contratto assicurativo costituiscono, altresì, una assoluta novità rispetto al testo originario della norma in parola.


La dottrina, in proposito, ha precisato come le predette ipotesi null’altro siano se non ipotesi di falso materiale in atti, ed in particolare come:

  • la falsificazione concerna la creazione exnovo di un documento apocrifo, che inficia in tutto o in parte la sua veridicità, rendendolo ab origine contrario al vero

  • l’alterazione consista in qualsivoglia modificazione giuridicamente rilevante di un documento genuino, mediante la aggiunta, la sostituzione o la soppressione non autorizzata di alcune sue parti essenziali (3).

L’incriminazione degli atti di autolesionismo, intesi quali atti attraverso i quali l’agente crea a se stesso una lesione, ovvero aggrava le conseguenze di una lesione già patita, invece, era già presente nella formulazione originaria del secondo comma dell’art. 642 c.p.


E, secondo la più autorevole dottrina contemporanea (4), il concetto di lesione deve essere inteso in senso ampio, comprensivo del concetto di malattia e, quindi, di qualsiasi alterazione fisica o psichica che possa manifestarsi sia in una modificazione anatomica, sia in una compromissione funzionale del corpo umano.


Ma, indubbiamente, l’ipotesi di condotta di maggior rilievo, con riferimento al presente procedimento penale, risulta rappresentata dalla incriminazione di chi:

“denuncia un sinistro non accaduto”.


Con riferimento a tale ipotesi di reato, la dottrina ha correttamente evidenziato come essa si sostanzi in una attività consistente nell’avviare, mediante falsità, una pratica risarcitoria (5).


La “denuncia del sinistro non accaduto”, pertanto, si configura quale “frode nella rappresentazione del sinistro” (6), ossia una ipotesi di falsità ideologica, alla stregua del dettato dell’art. 483 c.p.


Pacifiche, a livello giuridico e fattuale, appaiono le forme e le modalità attraverso le quali può essere presentata la denuncia del sinistro penalmente rilevante ai sensi dell’art. 642 c.p.


La denuncia del sinistro, a titolo esemplificativo, può venire ad assumere le forme dell’”avviso del sinistro” che, nell’assicurazione contro i danni (art. 1903 c.c.), l’assicurato è tenuto a fornire all’assicuratore entro tre giorni dal momento nel quale il sinistro si è verificato o l’assicurato ne è venuto a conoscenza (art. 1913 c.c.).


Così, parallelamente, alla denuncia del sinistro può essere equiparata anche la “richiesta di risarcimento” che l’assicurato, a seconda dei casi, rivolge all’impresa di assicurazione propria o del responsabile civile (artt. 148 e 149 l. 209/2005).


Particolare attenzione, invece, merita la valutazione della questione concernente l’esatto tenore e la portata da attribuire al concetto di sinistro di cui alla disposizione in esame.


La Suprema Corte di Cassazione, in una recente pronuncia (7), ha correttamente evidenziato come il concetto di sinistro non possa e non debba limitato al solo incidente stradale, ma debba essere estesa a qualsivoglia evento dannoso degno di rilievo sotto il profilo assicurativo.


Ad avviso della Giurisprudenza di Legittimità, infatti, la fattispecie di reato di cui all’art. 642 c.p. punisce chiunque, ponendo in essere una delle condotte delineate nella norma incriminatrice de qua, voglia ottenere un indebito risarcimento nascente da qualsiasi contratto assicurativo depauperando ingiustamente il patrimonio della Compagnia di Assicurazione.


L’ipotesi delittuosa di cui all’art. 642 c.p., pertanto, si connota, sotto il profilo soggettivo, per il contenuto specifico del fine dell’ingiusto profitto, profitto diretto a conseguire l’indennizzo dell’assicurazione, mentre, sotto il profilo squisitamente oggettivo, per il contenuto, anch’esso specifico, dell’azione del soggetto attivo del reato, azione diretta a conseguire, nelle forme delineate nella disposizione incriminatrice, l’indebito indennizzo assicurativo.


Alla luce di tali rilievi, pertanto, il concetto di sinistro penalmente rilevante ai sensi dell’art. 642 c.p. non può essere limitato al solo incidente stradale.


Siffatta interpretazione, infatti:

“non solo è contraria a quanto comunemente inteso in ambito assicurativo (presso ogni assicurazione vi è, infatti, un ufficio sinistri che si occupa di liquidare i risarcimenti dei danni coperti da un qualsiasi contratto assicurativo e non solo, quindi, per quelli nascenti dai contratti assicurativi relativi alla circolazione stradale), non solo contraria alla chiara ratio della norma, ma soprattutto contraria al significato letterale della parola sinistro. Infatti, i migliori dizionari della lingua italiana definiscono il sinistro come l’evento pregiudizievole subito dal fruitore di un contratto di trasporto o di assicurazione, che fa sorgere in capo a questi il diritto alla rivalsa o al risarcimento (8)”.


Secondo l’autorevole opinione della giurisprudenza della Suprema Corte, pertanto, il termine sinistro non si riferisce affatto al solo incidente stradale, bensì a qualsiasi rischio dedotto in un contratto di assicurazione che si sia concretizzato in un danno per l’interesse assicurato, ond’è che l’evento dannoso può riguardare una cosa (furto, incendio, distruzione), una persona (malattia, infortunio), o un patrimonio (debito) nel caso di assicurazione contro i danni, ovvero un evento attinente alla vita umana (morte e sopravvivenza propria o di un terzo, nascita, matrimonio) nel caso di assicurazioni sulla vita (9).


E proprio alla luce della impostazione giuridica ed ermeneutica supra evidenziata, la Suprema Corte ha ritenuto che integrasse l’ipotesi criminosa di cui all’art. 642 c.p. la falsa denuncia di rapina di un’autovettura, effettuata da un soggetto unicamente ed esclusivamente allo scopo di ottenere il relativo indennizzo da parte della Compagnia di Assicurazioni (10).


Particolarmente delicata risulta essere, altresì, la questione relativa alla consumazione del reato di cui all’art. 642 c.p.


In proposito, la dottrina e la giurisprudenza appaiono sostanzialmente concordi nel sostenere come il delitto di cui all’art. 642 c.p. sia un delitto a consumazione anticipata, ond’è che lo stesso si perfeziona allorquando le singole condotte di falsificazione siano state realizzate.


Con riferimento precipuo alla ipotesi della “denuncia del sinistro non accaduto”, in particolare, in forma pressoché pacifica si è ritenuto che il reato in questione si perfezioni allorquando la denuncia del sinistro mai verificatosi pervenga al soggetto concretamente e materialmente preposto per riceverle. Ovverosia alla sede legale della Compagnia di Assicurazioni che dovrà occuparsi della vertenza risarcitoria per i danni provocati dal sinistro medesimo.


“Premesso che il reato di cui all’art. 642 c.p. è a consumazione anticipata e non richiede conseguentemente un effettivo vantaggio ma che la condotta fraudolenta sia diretta ad ottenerlo ed idonea a raggiungere lo scopo… - rileva all’uopo la Suprema Corte - … tale obiettivo può ritenersi raggiunto quando la richiesta di risarcimento giunge a conoscenza dell’effettivo titolare del potere dispositivo del diritto (e quindi presso la sede legale del soggetto giuridico legittimato ad istruire la pratica procedendo alla liquidazione del sinistro), essendo a tal fine irrilevante la ricezione dell’atto da parte della locale agenzia intermediaria tra l’assicurato e la società assicuratrice (11)”.


La “denuncia del sinistro non accaduto”, invero, sempre secondo la Giurisprudenza di Legittimità, rappresenta un ATTO UNILATERALE RECETTIZIO destinato a produrre l’effetto solo nel momento in cui giunga a conoscenza del destinatario o in cui deve reputarsi da questi conosciuta perché pervenuta al suo indirizzo; destinatario che ovviamente deve essere identificato nella persona giuridica, ovverosia la Compagnia di Assicurazioni, potenzialmente lesa dalla condotta fraudolenta in oggetto, in quanto titolare del diritto patrimoniale compromesso.


Diversamente argomentando, infatti, l’individuazione del locus commissi delicti risulterebbe sganciata da criteri oggettivi e rimessa alla discrezionalità dell’autore del reato, in base alla scelta da costui effettuata dell’ufficio assicurativo al quale inviare la richiesta o, addirittura, del luogo di spedizione della richiesta stessa.


Sotto il profilo ermeneutico-interpretativo, invece, non crea particolari questioni la individuazione del tenore e della portata dell’elemento soggettivo della fattispecie normativa in parola.


L’elemento soggettivo del reato di cui all’art. 642 c.p., infatti, risulta rappresentato dal dolo specifico: oltre alla coscienza ed alla volontà della condotta ed alla rappresentazione dei presupposti del reato, occorre che il soggetto attivo agisca con l’intento di conseguire, per sé o per altri, l’indennizzo di una assicurazione, o comunque il vantaggio derivante da un’assicurazione.


(1) Così RE, Il fenomeno della criminalità nella R.C. auto, in Dir.pen. e processo, 2002, pag. 633.

(2) Così NATALINI, La nuova veste di un reato vecchio: truffa ai danni delle assicurazioni. Analisi degli elementi costitutivi della nuova fattispecie, in Dir. e Giust. 2003, pag. 85.

(3) Così NATALINI, La nuova veste, loc.cit., ibidem.

(4) Cfr. Rassegna Lattanzi-Lupo, XI volume, pag. 561.

(5) Così NATALINI, La nuova veste, loc.cit., pag. 86.

(6) Così PORRINI, Frodi nell’assicurazione RC auto: analisi economica e possibili rimedi, in Riv.pol.econ., 2002, n. 3-4, pagg. 119-120.

(7) Trattasi di Cass.pen., Sez. III, 26/2/2014, n. 21816.

(8) Così Cass.pen., Sez. III, 26/2/2014, n. 21816, loc.cit.

(9) Cfr. ancora Cass.pen., Sez. III, 26/2/2014, n. 21816, loc.cit.; nonché la relativa NOTA di ALESCI, La Cassazione si pronuncia sull’esatta portata della fattispecie di “Denuncia di un sinistro non accaduto” di cui all’art. 642 c.p., in Cass.pen., 2015, II, pag. 616.

(10) Cfr. ancora Cass.pen., Sez. III, 26/2/2014, n. 21816, loc.cit.; e, negli stessi termini, in precedenza, Cass.pen., Sez. II, 17 dicembre 2013, n. 1856, rv. 258012.

(11) Così si esprime Cass.pen., Sez. II, 12/10/2016, n. 48925.

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